Il 25 marzo del 1957 Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo firmavano il Trattato di Roma dando vita alla Comunità economica europea. Un passo importante verso l'Unione. Questo anniversario è l'occasione per fare un bilancio sullo stato di salute dell'Europa guardando oltre il piano economico e concentrandosi sui diritti, che dovrebbero costituire l'anima di tutto il progetto europeo. Questo lavoro cerca di fotografare lo stato dei diritti a oggi. Sono state selezionate nove voci, raggruppate in quattro categorie: Lgbt: matrimoni e adozioni omosessuali, stepchild adoption, Bioetica: fecondazione assistita, biotestamento ed eutanasia, Diritto: durata media dei processi, stato delle carceri e accesso alla cittadinanza, Redditi: divario di genere sul lavoro e reddito di cittadinanza. Per ognuna ci sono quattro livelli di valutazione abbinati a diverse tonalità di colore: diritto garantito, diritto parziale, diritto negato e dato non disponibile. Il quadro di insieme ci restituisce un'Europa divisa: da leggi mancanti, da sensibilità diverse e da divari culturali.
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Diritto
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Obbligati alla civiltà
L’Unione pone la persona al centro della sua azione». Queste semplici parole, contenute nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Europa approvata nel 2000, hanno permesso alle istituzioni continentali di darsi strumenti di intervento a tutela dei diritti.
La Carta fu voluta per evitare che l’Unione fosse considerata un’entità fondata esclusivamente sui vincoli di carattere economico. Parlare di persona, e non di soggetto, significa fare riferimento diretto all’individuo nella concretezza del vivere, alle sue condizioni reali e non a un’astrattezza giuridica. I capitoli sulla dignità del vivere, o sulla libertà, l’uguaglianza, la solidarietà permettono di contrastare chi alza i muri e di fissare un limite rispetto ad altri interessi da tutelare. Quando la Corte di Giustizia dell’Unione europea di Lussemburgo si è occupata di Google due anni fa ha sanzionato ad esempio il principio che la tutela dei diritti della persona prevale sulla pura difesa degli interessi economici.
I principi fissati dall’Europa hanno messo le legislazioni nazionali nelle condizioni di superare difficoltà e resistenze e per l’Italia è stato positivo trovarsi nell’Unione.
L’Europa riconosce il diritto di auto-determinazione delle persone
Nel 2015 la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso di Enrico Oliari e ha condannato l’Italia per la mancanza di una legislazione sul riconoscimento e la protezione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Su questo punto la Carta all’articolo 9 è fortemente innovativa perché riconosce il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia: si distingue tra i due diritti e si offre agli Stati membri la possibilità di legiferare in modo diverso. La famiglia non passa per il matrimonio. Nel 2016 il Parlamento ha finalmente approvato una legge sulle unioni civili, ma va detto che prima della spinta politica era arrivata una condanna dell’Europa. In questo caso il vincolo esterno ha funzionato. Lo stesso vale per il bio-testamento.
Sul piano dei diritti l’Unione aiuta ad accelerare le legislazioni nazionali che a lungo sono rimaste indietro. Come quella italiana
L’Europa riconosce il diritto di auto-determinazione delle persone. Il testamento biologico rientra in questa possibilità, come già previsto dalla sentenza n.438 del 2008 della Corte costituzionale sul diritto alla salute e sul consenso informato. «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana», dice l’articolo 32 della nostra Costituzione, ed è un limite molto forte, il nostro habeas corpus, la sua versione moderna. Nella Carta europea ci sono passi in avanti: i diritti dei bambini, degli anziani, dei disabili. Una parola non tradizionale per le costituzioni nazionali. A dimostrazione, ancora una volta, che la Carta dei diritti fondamentali dell’Europa si basa sulle situazioni concrete in cui si trovano le persone. Al contrario di quanto accade nella sfera economica, dove il vincolo esterno è considerato stringente e depressivo degli Stati nazionali, sul piano dei diritti le istituzioni europee aiutano ad accelerare quelle legislazioni nazionali che a lungo sono rimaste indietro. Come quella italiana.
L’Italia, bloccata tra infinite discussioni parlamentari e una carenza normativa colmata troppo spesso dalla buona volontà dei singoli giudici, risulta all’ultimo posto nella classifica dell’Europa dei diritti. Il dato emerge dalla somma dei voti attribuiti ai singoli Paesi nelle diverse categorie prese in considerazione nella nostra indagine. Sopra di noi tutti gli altri 27 membri dell’Unione. L’Italia non ha ottenuto nessun punteggio massimo e il minimo in quasi tutti i temi: dalla scandalosa durata dei processi alla discussione sul fine vita che si trascina da oltre dieci anni; da un'occupazione femminile fra le più basse d’Europa al sovraffollamento delle carceri, che affligge da sempre il nostro sistema penitenziario. Gli unici due voti intermedi sono stati attribuiti alla fecondazione assistita, a cui hanno accesso solo le coppie sposate o stabili, e alle unioni civili, una legge che è stata approvata solo nel 2016 dopo una lunghissima battaglia parlamentare.