Opere come messaggi in bottiglia per capire dove va la modernità e il made in Italy: un artista reggiano ha provato a sovvertire i codici della globalizzazione usando i container per trasportare idee da Reggio Emilia al mondo. Questa è la storia del suo progetto
Da Reggio Emilia al resto del mondo. Le tele di un artista reggiano sono i treni, i vagoni merci che esportano i nostri prodotti. Sono i corrieri del nostro “made in Italy”, le vere arterie di quel processo irreversibile chiamato globalizzazione. Un sommovimento che, grazie al consumo istantaneo di merci e informazioni, ha già mutato e continua, senza tregua, a cambiare le nostre vite. Dalla pianura padana al Nord Europa, fino agli Stati Uniti o all’Asia: le opere di cargojindu rappresentano un tentativo di invertire simbolicamente questa rotta; graffiti come moniti, istantanee disseminate tra ferrovie e nuclei industriali per riflettere sulle contraddizioni e i paradossi del nostro presente. Spuntano tra case e pianure, attraversano frontiere, scorrono tra posti di blocco e sguardi distratti.
Schizzo di preparazioneUn container pronto a partireL'artista al lavoro
Come quelli dei frontalieri del Brennero, la scorsa estate, di fronte al ciclo di graffiti ribattezzati “Attenti non ha i documenti”, realizzati dal collettivo FX, di cui cargojindu fa parte. La serie di opere vengono disegnate su vagoni che viaggiano quotidianamente dall’Italia alla Germania trasportando argilla per le fabbriche di ceramica emiliane. Arrivano alla nostra frontiera proprio nel momento in cui le autorità austriache minacciano di chiudere il confine per arrestare l’afflusso di migranti provenienti dall’Italia e dal Sud Europa e non passano inosservate. I “bambini sui vagoni” diventano il paradosso di un’Europa e di un mondo aperto alla larghissima diffusione di merci e capitali, ma chiuso alla circolazione delle persone e al riconoscimento dei loro diritti inalienabili. Un paradosso che assume immediatamente un forte impatto visivo.
Alcune opere della serie “Attenti non ha i documenti”
“Ho avuto questa idea mentre mi trovavo in Svizzera. Avendo perso lo zaino su un treno sono rimasto bloccato temporaneamente a Chiasso. Qui ho incontrato questa ragazza eritrea disperata, avrà avuto 18 anni. Era stata respinta dalla polizia svizzera e lasciata sola su un marciapiede perché senza documenti. L’idea che sta dietro alle opere ‘Viaggia senza documenti’ è tutta qui. Volevo che queste opere fossero viste dalle autorità di frontiera. Che tutto ciò sia coinciso con la crisi del Brennero è solo una casualità”. Una casualità che assume subito un forte valore simbolico. La minaccia austriaca di chiudere il valico alpino per frenare l’emorragia di migranti provenienti dal sud Europa e la relativa minaccia di invio di soldati al confine avrebbe costituito, per bocca della stessa cancelliera Merkel, la fine dell’Unione Europea. Il paradosso trova la sua narrazione nelle centinaia di vagoni che si spostano quotidianamente dal Sud al Nord del Vecchio Continente.
Modernità e “falso progresso”
Contraddizioni del nostro presente che vengono ribadite nella serie dedicata agli imperatori cinesi e ai filosofi. Anche questa volta i protagonisti sono i vagoni dei treni merci che collegano un mondo sempre più interconnesso. “Sono partito con l’idea di disegnare imperatori cinesi sui container che sostano e partono dalle nostre stazioni. All’inizio pensavo che la maggior parte delle nostre merci finissero in Cina; mi sono dovuto ricredere. Quelli di cui ho traccia sono spesso negli USA”. Sì perché cargojindu cerca di monitorare che fine fanno i vagoni, donandoci un’istantanea approssimativa dei nostri processi di esportazione. L’artista si aiuta grazie ai social network, in particolar modo Instagram, tramite i tag e gli hashtag degli utenti. “Ho traccia prevalentemente di quelli che finiscono in USA e in Italia, non di quelli che si trovano nei paesi arabi e in Oriente, probabilmente anche a causa di difficoltà legate alle differenze linguistiche”. Dagli imperatori cinesi - l’età degli imperatori è stata nella storia cinese quella di massimo sviluppo economico e sociale - si è passati così alla serie dei “Filosofi su container.
La parola “jindu” in cinese significa progresso. Il paradosso è proprio quello di evidenziare la contraddizione presente nel concetto di progresso che si cela nella società globalizzata. “Io credo nel progresso, non credo nello sviluppo. E nella fattispecie in questo sviluppo” dichiarava Pier Paolo Pasolini nel 1975, definendo l’irrimediabile diversità che separava la produzione, lo scambio e l’accumulo di beni superflui e la creazione di beni necessari, anche di tipo immateriale . Un concetto che è presente in modo ironico anche nelle opere di cargojindu: qui il “progresso” è un container con all’interno beni spesso voluttuari, fuori ci sono le immagini dei filosofi e le loro idee spesso sconosciute o non opportunamente valorizzate.
Un concept simbolico per raffigurare lo iato tra progresso materiale e mancato progresso civile e sociale che contraddistingue spesso il nostro presente. “Un filosofo arabo è finito in un granaio del profondo Veneto, tutti pensavano si trattasse di un attentatore, e che il treno fosse decorato con messaggi jihadisti, tanto che hanno deciso di rimandarlo indietro. Gli unici che hanno intuito chi fosse il personaggio ritratto sono stati alcuni cittadini stranieri e un ragazzo che lavorava come operaio, pur essendo laureato in filosofia”.
Molte delle persone che segnalano la presenza dei vagoni sono operai che lavorano nei cantieri, e scrivono all’artista reggiano dai posti più impensati, comprese le Maldive.
L'atlante dei social
Dall'Emila Romagna al Mondo, tutti gli spostamenti dei vagoni disegnati da cargojindu, l'artista reggiano che porta "i filosofi" e gli "imperatori" in giro per il mondo grazie alla segnalazioni degli utenti dei social newtork
Un uso dei social network decisamente più relazionale e collaborativo, che affascina lo street artist emiliano: “Mi sono ritrovato nel 2015, con il collettivo FX, a creare un lavoro che è diventato molto virale chiamato “È tutto vero”’. Nel concept due mani armeggiano su un cellulare, lo schermo del telefono coincide con la finestra e metaforicamente con “la realtà”.
La foto diventa molto condivisa sui social, ma con una modalità che lascia perplessi: “C’è stata la condivisione quasi isterica di un’immagine, che diventa icona, senza magari suscitare troppe riflessioni”. Con i filosofi su rotaie anche l’utilizzo dei social è diverso: “In questo progetto c’è magari meno seguito, ma più coinvolgimento. Molti mi scrivono dalle parti più svariate del mondo per segnalarmi dove hanno ritrovato i vagoni, mi seguono e dialogano, è un metodo di utilizzare i social abbastanza diverso”. Sì, perché solo da una relazione può nascere la consapevolezza e l’urgenza di un cambiamento. Da Reggio Emilia intanto le sue opere, e quelle del collettivo FX, continuano a viaggiare in tutto il mondo. Messaggi in bottiglia pronti a essere raccolti e decodificati dall’America profonda al Giappone.
Video in apertura di Jens Besser
Foto "Attenti non ha i documenti" per gentile concessione CollettivoFX
A cura del Visual Lab: progetto grafico di Paola Cipriani, sviluppo Daniele Testa